Per raccontare la storia di Arianna Girolami, classe 1988, si può partire dal dire cosa non è. Sarebbe troppo facile, infatti, dipingerla come una giovane maestra d’asilo appassionata di pittura. Arianna non è un’artista di professione. Non usa pennelli o altri strumenti tipici delle scuole d’arte. Non vende i suoi quadri, e li regala molto raramente. Questa volta, però, ha scelto di staccarsi da 7 opere per donarle all’Area Rossa dell’Ospedale di Sassuolo, in particolare alla Cardiologia.
Una scelta fatta d’impulso, dopo un’esperienza a fianco di suo padre, colpito da un infarto qualche mese fa. Originaria di Sassuolo, Arianna si è spostata a Cervia per via degli studi e, soprattutto, per una scelta d’amore. A distanza di 11 anni, però, torna nella sua città.
Nel 2018 vive un delicato momento di passaggio, col rientro a casa dai genitori e la sensazione di avere davanti un nuovo inizio. Poi, una notte, accade qualcosa di imprevedibile. Arianna è sola a casa col padre. È il giorno del suo compleanno e lui si sente male. È la figlia a salvargli la vita, portandolo di corsa in ospedale. La diagnosi è chiara: infarto. Al papà, trasferito nel frattempo all’Ospedale Civile Sant’Agostino Estense a Baggiovara, viene installato uno stent coronarico. A operazione conclusa, lui e la figlia tornano a Sassuolo, dove inizia il percorso di riabilitazione. Arianna rimane sorpresa dalla gentilezza degli operatori “e dall’umanità che si respira in reparto”. La sera lascia suo padre, torna a casa e si immerge nella pittura. È proprio in quelle notti che nasce il ciclo di 7 opere che sarà chiamato ‘Energia’. “Perché spero che i colori possano infondere forza ed energia in chi si trova ad affrontare un momento difficile” spiega la giovane pittrice. “Io dipingo perché mi fa star bene” prosegue Arianna, “non amo disegnare. Uso i colori col corpo, in modo molto fisico”.
Le sue opere, istallate al primo piano davanti a ogni porta delle stanze di degenza, portano una ventata di allegria. “Mentre assistevo mio padre avevo un bisogno incredibile di dipingere. Davanti alla tela bianca, ho afferrato un ‘tappo’, quelli da bottiglia di vino, e lo ho usato per realizzare i quadri. Non ci ho minimamente pensato, lì per lì. Ma poi mi sono resa conto di un fatto singolare… Avevo scelto i tappi in modo inconscio, perché li legavo al lavoro di mio padre, il sommelier”.
Sette quadri di pura ‘energia’ per i pazienti dell’area Rossa
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